Territori palestinesi occupati: agenzie turistiche online accusate di favorire gli insediamenti israeliani
Amnesty International ha pubblicato il 30 gennaio 2019 il rapporto “Destinazione: occupazione” in cui accusa agenzie turistiche on line di trarre guadagno dai crimini di guerra favorendo gli insediamenti israeliani nei Territori palestinesi, illegali in base al diritto internazionale.
“Le agenzie online di prenotazione Airbnb, Booking.com, Expedia e TripAdvisor stanno alimentando le violazioni dei diritti umani contro i palestinesi segnalando centinaia di stanze e attività negli insediamenti israeliani sulla terra palestinese, compresa Gerusalemme Est – si legge ne rapporto – l’insediamento di civili israeliani da parte di Israele nei Territori palestinesi occupati viola il diritto internazionale umanitario e costituisce un crimine di guerra. Ciò nonostante, le quattro agenzie continuano a operare negli insediamenti e a trarre profitto da questa situazione illegale”.
Uno degli insediamenti menzionati nel rapporto di Amnesty International è Kfar Adumim, centro turistico in crescita situato a meno di due chilometri dal villaggio beduino di Khan al-Ahmar, la cui imminente e totale demolizione da parte delle forze israeliane ha recentemente ottenuto il via libera dalla Corte suprema israeliana.
“La confisca illegale da parte israeliana delle terre palestinesi e l’espansione degli insediamenti continuano a produrre immensa sofferenza: i palestinesi vengono cacciati dalle loro case, i loro beni di sussistenza vengono distrutti e i servizi fondamentali come l’acqua potabile vengono loro negati. Airbnb, Booking.com, Expedia e TripAdvisor si basano sull’idea della fiducia mutua e condivisa ma stanno contribuendo a queste violazioni dei diritti umani grazie alle loro attività economiche negli insediamenti”, ha dichiarato Seema Joshi, direttrice del programma Temi globali di Amnesty International.
“Il governo israeliano usa la crescente industria turistica negli insediamenti per legittimare la loro esistenza ed espansione e le agenzie online di prenotazione stanno al gioco: è giunto il momento che si schierino dalla parte dei diritti umani togliendo dalle loro destinazioni gli insediamenti illegali su terre occupate. I crimini di guerra non sono un’attrazione turistica”, ha aggiunto Joshi.
Per saperne di più visita il sito www.amnesty.it/israele-territori-palestinesi-occupati-agenzie-turistiche/
A questo link il rapporto “Destinazione occupazione” online dal 30 gennaio.
“Nel novembre 2018, dopo le inchieste di Al Jazeera e Human Rights Watch, Airbnb si è impegnata a rimuovere dalle sue destinazioni gli insediamenti in Cisgiordania, ma non da Gerusalemme Est, che è a sua volta territorio occupato e che compare oltre 100 volte tra le sue destinazioni – si legge nel rapporto – negli ultimi anni il governo israeliano ha investito moltissimo nello sviluppo dell’industria turistica negli insediamenti. Definisce determinate destinazioni come “luoghi turistici” per giustificare la confisca di terre e abitazioni palestinesi e spesso costruisce intenzionalmente insediamenti nei pressi dei siti archeologici per porre enfasi sulle connessioni storiche del popolo ebraico con la regione. Il rapporto di Amnesty International spiega come il governo israeliano autorizzi e incoraggi i coloni a sfruttare terre e risorse naturali che appartengono ai palestinesi e come Airbnb, Booking.com, Expedia e TripAdvisor traggano profitto da questo sfruttamento”
“Nonostante il fatto che queste siano risorse naturali illegalmente espropriate ai palestinesi, da queste attività traggono profitto unicamente i coloni e le agenzie di prenotazione online che fanno affari con loro”, ha sottolineato Joshi.
Il rapporto di Amnesty International documenta il profondo contrasto tra l’esperienza turistica offerta negli insediamenti e le violazioni dei diritti umani inflitte quotidianamente ai palestinesi nelle stesse zone.
“Promuovere questi siti presso un pubblico globale favorisce gli obiettivi del governo israeliano in materia di insediamenti. Ecco perché le agenzie turistiche internazionali hanno un ruolo essenziale”, ha sintetizzato Joshi.
“Non è solo l’industria del turismo a trarre profitto dagli insediamenti illegali e a contribuire al loro sviluppo. Beni prodotti negli insediamenti israeliani per un valore di centinaia di milioni di euro vengono esportati ogni anno nonostante la maggior parte degli stati del mondo abbia condannato gli insediamenti come illegali dal punto di vista del diritto internazionale. Oltre a chiedere alle singole aziende di cessare di fare affari negli e con gli insediamenti, Amnesty International sta sollecitando i governi a vietare per legge l’importazione di beni prodotti negli insediamenti“.